Il samurai (侍) era un militare del Giappone feudale, appartenente ad una classe nobile. Il nome deriva sicuramente da un verbo, saburau, che significa servire o tenersi a lato e letteralmente significa colui che serve. Un termine più appropriato sarebbe bushi (武士, letteralmente: guerriero), che risale al periodo Edo. Attualmente il termine viene usato per indicare proprio la nobiltà guerriera (non, ad esempio, gli ashigaru o i fanti). I samurai che non servivano un daimyō perché era morto o perché ne avevano perso il favore, erano chiamati rōnin.

I samurai costituivano una casta colta, che oltre alle arti marziali, direttamente connesse con la loro professione, praticava arti zen come il cha no yu o lo shodō. Col tempo, durante l'era Tokugawa persero gradualmente la loro funzione militare. Verso la fine dell'era Tokugawa, i samurai erano essenzialmente burocrati dello shōgun, e la loro spada veniva usata soltanto per scopi cerimoniali.
Con il Rinnovamento Meiji (tardo XIX secolo) la classe dei samurai fu abolita in favore di un esercito nazionale in stile occidentale. Ciò nonostante, il bushidō, rigido codice d'onore dei samurai, è sopravvissuto ed è ancora, nella società giapponese odierna, un nucleo di principi morali e di comportamento che parallelamente, nelle società occidentali, è costituito da principi etici di derivazione religiosa.


Intorno al 500 d.C. si assistette all'introduzione del Buddismo e della cultura cinese in Giappone, soprattutto ad opera della classe dei samurai,legata alla corte imperiale (detta " kuge"). La classe dei samurai guerrieri professionisti ( detti "buke"), rispetto ai kuge, rappresentava i clan guerrieri periferici, e rimase legata all'antica religione animista scintoista. La rivalità tra i clan aristocratici dipendenti dalla corte imperiale e i clan periferici provinciali continuò tuttavia anche quando ormai la cultura cinese e il buddismo erano stai completamente assorbiti dalla cultura giapponese. Le lotte fra la "nobiltà di nascita "e quelle di spada ", svoltesi intorno all'anno 1000, rappresentano l'età dell'oro dei samurai Fu quella l'epoca degli scontri tra il clan Minamoto e il clan Taira, i quali esautorarono il potere dell'imperatore, che da allora rimase figura puramente rappresentativa fino ai giorni nostri.

Il conflitto si concluse con la vittoria di Minamoto, esponente dei clan periferici, ovvero della nobiltà di spada: e la casta dei samurai assunse un ruolo dominante: E' in questo periodo che vengono gettatele basi teoriche della " via del guerriero"( Bushido : Bushi = guerriero, do via ), a opera di Minamoto no Yoritomo. Minamoto no Yoritomo ( 1147-1199 ) salì potere nel 1185, sconfiggendo il clan Taira ed assumendo il ruolo di thashogun o shogun ( cioè "generalissimo " , reggente in nome dell'imperatore) titolo che fino a quel momento designava il capo delle guardie imperiali e che divenne da allora in poi ereditario, a indicare il detentore effettivo del potere. Fino alla restaurazione imperiale Meiji avvenuta nel 1868, resterà la più alta carica governativa. E' con Yoritomo che la casta dei guerrieri acquista coscienza della propria potenza, e comincia a definire quell'insieme di valori che le permetteranno di distinguersi sia dal popolo cha dai nobili di corte. Yoritomo stabilì il proprio comando a Kamakura, lontano dalla capitale Kyoto, al fine di tenere la sua corte lontana dalle mollezze dell'ambiente imperiale, fondando qui il suo "baku-fu" o governo della tenda, chiara allusione alla natura militare di questo potere.

Fu Yoritomo a cercare di istituire un codice cavalleresco che esaltasse fedeltà e rigore morale dei samurai, in moda da dare stabilità al proprio potere. Ed è con lui che si sviluppa appieno il concetto di Bushido, un codice non scritto attraverso il quale io semplice armigero diventa nobile guerriero. Frugalità , obbedienza e lealtà sono le virtù dei bushi ( guerrieri ). Sulla base di queste virtù il bushi si differenziava dal semplice soldato, la nuova situazione politico - sociale creata dall'ascesa dei samurai al potere, alimentò la speranza di poter accedere a una classe superiore attraverso il merito delle armi e diffuse lo spirito del bushido in tutta la cultura giapponese. La figura del guerriero, esperto nell'uso delle armi e con una ferrea disciplina spirituale, acquisì un fascino indiscusso. Dall'anarchia del feudalesimo nipponico emersero, come ben definite, tanto la figura del samurai quanto la loro classe.

Se questa fù l'epoca mitica delle arti marziali, la loro sistemazione in scuole- con tecniche ben codificate- si raggiunse, tuttavia solo a partire da 1615, allorché cominciò il lungo shogunato di Tokugawa, che durerà fino alla restaurazione Meiji ( 1868), periodo in cui la casta dei samurai verrà definitivamente abolita. alla fine del XVI secolo ebbe termine la grande epoca delle guerre; i bushi erano ormai saliti al potere come classe dominante, l'era pionieristica del samurai si era chiusa smantellati i grandi eserciti, molto ridotte le occasioni di veri conflitti. E' proprio in questo periodo che proliferano le scuole di arti marziali, e che le discipline del bujitsu ( tecnica di combattimento ) entrano nella loro fase di massima sofisticazione libere dall'assillo della guerra e di scontri reali. se l'esistenza del samurai era regolata da principi come quello del servire e dell'essere fedeli,nella disciplina del bushido era compresa anche la capacità di convivere costantemente con l'eventualità della morte. di derivazione zen, costituiva un elemento fondamentale per la sopravvivenza del guerriero, che non poteva permettersi esitazioni. Così l'apprendimento del bujitsu si basava sulla ripetizione di schemi di attacco e di difesa che dovevano diventare automatici in situazioni di pericolo: questo genere di pratiche deriva dal buddismo zen: il discepolo zen si spoglia di ogni desiderio terreno attraverso una serie di atti ripetuti ritualmente, che lo conducono all'illuminazione. Un metodo perfetto per fortificare lo spirito del samurai, sempre alle prese con lo spettro della morte e sempre costretto ad esercitare l'arte delle armi. Attraverso lo zen il samurai trovava il distacco necessario per affrontare ogni rischio. altro fondamentale principio per la pratica del samurai era lo sviluppo dell'hara e haragei, ossia lo sviluppo del centro dell'energia, fulcro del ki (chi in cinese). I due cardini dell'etica del samurai erano i giri l'obbligo del guerriero nei confronti del proprio signore e l'accettazione della morte. su due concetti si fonda il Bushido, il codice del guerriero. ciò che distingueva i samurai di rango superiore era proprio il do o via, la " via del guerriero" che prevedeva un correlazione tra la pratica delle armi e l'elevazione spirituale. Il rituale con cui il samurai si affiliava al clan di un signore rappresentava simbolicamente il destino del guerriero (bushin) L'impegno a servire fedelmente il signore veniva scritto su una pergamena con il sangue del samurai. l'atto d'impegno veniva quindi bruciato e le ceneri disciolte in acqua bevute dal nuovo affiliato. Nessuna traccia scritta dunque , ma solo l'obbligo interiore all'assoluta fedeltà verso il signore: il giri.
Oggi assunto a simbolo di tutte le arti marziali, il ciliegio venne adottato dai samurai quale emblema di appartenenza alla propria classe. Nell'iconografia classica del guerriero il ciliegio rappresenta insieme la bellezza e la caducità della vita: esso, durante la fioritura, mostra uno spettacolo incantevole nel quale il samurai vedeva riflessa la grandiosità della propria figura avvolta nell'armatura, ma è sufficiente un improvviso temporale perché tutti i fiori cadano a terra, proprio come il samurai può cadere per un colpo di spada infertogli dal nemico. Il guerriero, abituato a pensare alla morte in battaglia non come un fatto negativo ma come l'unica maniera onorevole di andarsene, rifletté nel fiore di ciliegio questa filosofia. Un antico verso ancora oggi ricordato è "hana wa sakuragi, hito wa bushi" (花は桜木人は武士) che tradotto significa "tra i fiori il ciliegio, tra gli uomini il guerriero".

Coincidendo con l’equinozio di primavera, la fioritura del ciliegio rappresenta la rinascita, il rinnovamento, la forza vitale insita in tutte le cose di questo mondo. Un simbolo di vita, dunque, ma anche del suo naturale “opposto”: il fiore di ciliegio, appena raggiunge il massimo del suo splendore, si stacca e muore, viene portato via dal vento e con esso si disperde. La vista di un ciliegio in fiore è davvero emozionante: fa emergere prepotentemente nel nostro animo sentimenti apparentemente contraddittori, di gioia ma anche di sgomento, di smarrimento. Il fiore di ciliegio è testimone del fatto che la vita è un dono meraviglioso, ma anche che dura poco.
Si narra che il colore dei fiori del ciliegio in origine fosse candido ma che, a seguito dell’ordine di un imperatore di far seppellire i samurai caduti in battaglia sotto gli alberi di ciliegio, i petali divennero rosa per aver succhiato il sangue di quei nobili guerrieri. Anche quelli che, tra i samurai, secondo il loro codice d’onore, decidevano di suicidarsi, sembra fossero solito farlo proprio sotto gli alberi di ciliegio
Le nostre paure più profonde, variamente camuffate, trovano origine in quella che forse è la più grande di tutte le paure: la paura della morte. Tema ben noto ai guerrieri samurai, educati alla concezione non dualistica di vita-morte.

Il guerriero è consapevole che è solo di passaggio sulla terra, e che il suo vivere è magnifico quanto effimero, esattamente come un fiore di ciliegio.


- 義, Gi: Onestà e Giustizia
Sii scrupolosamente onesto nei rapporti con gli altri, credi nella giustizia che proviene non dalle altre persone ma da te stesso. Il vero Samurai non ha incertezze sulla questione dell'onestà e della giustizia. Vi è solo ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.

- 勇, Yu: Eroico Coraggio
Elevati al di sopra delle masse che hanno paura di agire, nascondersi come una tartaruga nel guscio non è vivere. Un Samurai deve possedere un eroico coraggio, ciò è assolutamente rischioso e pericoloso, ciò significa vivere in modo completo, pieno, meraviglioso. L'eroico coraggio non è - cieco ma intelligente e forte.
- 仁, Jin: Compassione
L'intenso addestramento rende il samurai svelto e forte. È diverso dagli altri, egli acquisisce un potere che deve essere utilizzato per il bene comune. Possiede compassione, coglie ogni opportunità di essere d'aiuto ai propri simili e se l'opportunità non si presenta egli fa di tutto per trovarne una.

- 礼, Rei: Gentile Cortesia
I Samurai non hanno motivi per comportarsi in maniera crudele, non hanno bisogno di mostrare la propria forza. Un Samurai è gentile anche con i nemici. Senza tale dimostrazione di rispetto esteriore un uomo è poco più di un animale. Il Samurai è rispettato non solo per la sua forza in battaglia ma anche per come interagisce con gli altri uomini.

- 誠, Makoto o 信, Shin: Completa Sincerità
Quando un Samurai esprime l'intenzione di compiere un'azione, questa è praticamente già compiuta, nulla gli impedirà di portare a termine l'intenzione espressa. Egli non ha bisogno né di "dare la parola" né di promettere. Parlare e agire sono la medesima cosa.

- 名誉, Meiyo: Onore
Vi è un solo giudice dell'onore del Samurai: lui stesso. Le decisioni che prendi e le azioni che ne conseguono sono un riflesso di ciò che sei in realtà. Non puoi nasconderti da te stesso.

- 忠義, Chugi: Dovere e Lealtà
Per il Samurai compiere un'azione o esprimere qualcosa equivale a diventarne proprietario. Egli ne assume la piena responsabilità, anche per ciò che ne consegue. Il Samurai è immensamente leale verso coloro di cui si prende cura. Egli resta fieramente fedele a coloro di cui è responsabile.



1. NON HO GENITORI: CIELO E TERRA SONO I MIEI GENITORI.

2. NON HO POTERE DIVINO: LA LEALTA’ E’ IL MIO POTERE.

3. NON HO MEZZI: L’OBBEDIENZA E’ IL MIO MEZZO.

4. NON HO POTERE MAGICO: LA FORZA INTERIORE E’ LA MIA MAGIA.

5. NON HO NE’ VITA NE’ MORTE: L’ETERNO (ASSOLUTO) E’ LA MIA VITA E LA MIA MORTE.

6. NON HO CORPO: LA FORZA E’ IL MIO CORPO.

7. NON HO OCCHI: I MIEI OCCHI SONO LA LUCE DEL LAMPO.

8. NON HO ORECCHIE: LE MIE ORECCHIE SONO LA SENSIBILITÀ.

9. NON HO MEMBRA: LE MIE MEMBRA SONO LA PRONTEZZA.

10. NON HO PROGETTI: I MIEI PROGETTI SONO L’OCCASIONE.

11. NON HO MIRACOLI: I MIEI MIRACOLI SONO LA LEGGE UNIVERSALE.

12. NON HO PRINCIPI: I MIEI PRINCIPI SONO L’ADATTAMENTO.

13. NON HO AMICI: I MIEI AMICI SONO IL MIO SPIRITO.

14. NON HO NEMICI: I MIEI NEMICI SONO L’IMPRUDENZA.

15. NON HO CORAZZA: BUONA VOLONTÀ E RETTITUDINE SONO LA MIA CORAZZA.

16. NON HO CASTELLO: LO SPIRITO IMPASSIBILE (INCROLLABILE) E’ IL MIO CASTELLO.

17. NON HO KATANA: IL SONNO DELLO SPIRITO E’ LA MIA KATANA.